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MA QUELLE FOTO, NO


MA QUELLE FOTO, NO
Detto dei tedeschi che dovrebbero pensare ai casi propri, torniamo a parlare di quelli nostri. Rigorosamente poco seri e ancor meno commendevoli. A Giulino di Mezzegra metteranno le foto di Mussolini e della sua amante Claretta Petacci sul muro dove furono fucilati ormai quasi 70 anni fa. “Atto di rispetto alle persone non al fascismo” dice il sindaco leghista Claudia Lingeri. Ma no, atto di ossequio a un'ideologia, ai reduci saloini che ancora restano e non si rassegnano, e a chissà che altro, pensando alle elezioni che verranno (c'è sempre un'elezione all'orizzonte, maledizione). L'atto di rispetto lo possono fare come credono, ma le foto martirizzanti proprio no. Mussolini, è incredibile doverlo ancora ricordare, era un dittatore, alleato con un tiranno anche peggiore di lui, con l'Hitler propugnatore della razza che nel suo delirio criminale aspirò anche l'Italia (e la Petacci fu la donna che volle seguirlo fino alla fine). La si pensi come si vuole, si rimpianga anche il peggio, se proprio si vuole, però l'altarino andrebbe tenuto se possibile tra le mura di casa dei nostalgici. Non su un muro cittadino. E non c'è bisogno di scomodare l'altro reducismo dell'Anpi, l'antifascismo permanente e militante, le strumentalizzazioni contrapposte. Basterebbe un minimo di decenza e dignità. Già è disturbante vedere ogni anno il calendario del duce nelle edicole, ma passi. Le foto murali dei due però sono qualcosa d'altro, di meno folkloristico, sono un gesto gravido di significati sgangherati ma comunque diversi dalla pietas umana. 67 anni dopo. Lasciatelo dire a un indigeno, nè arcitaliano nè arcitedesco: siamo il solito Paese di burattini.

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