Passa ai contenuti principali

MISTERI DOLOROSI - estratto 3

 E' uscito. Per informazioni e per acquistarlo in download sul sito di Smashwords


Il volume è offerto in una serie di formati diversi in funzione del supporto utilizzato. Per leggerlo su pc, scaricarlo in formato .pdf. La pagina di download offre comunque tutte le indicazioni.

Per seguire la cronistoria di Misteri Dolorosi cliccare sulla pagina "Libri" sotto l'intestazione del blog


(…) Monte Nevoso, monte di misteri a volte insospettabili a volte subdoli, allusivi. Nella piovosa primavera del 1981, alcuni ragazzi del quartiere sghignazzano un po' increduli leggendo una strana scritta che, nottetempo, è spuntata dappertutto su volantini appiccicati ai muri delle case, ai lampioni, ai semafori, perfino scritta a carboncino dove capita, con una grafia stentata ma comprensibile, in un linguaggio approssimativo ma chiarissimo: “Fate attenzione che il Vaticano da per tutto spaccia la droga”. Sembra la burla di qualche anticlericale, ma qualcosa non torna: un ragazzino non può essere; un tossico sembra improbabile, i drogati hanno altro da fare che accusare il clero, hanno da cercarsi la loro maledizione quotidiana. Allora chi? Un clochard rancoroso? Nel quartiere c'è di tutto, ma quelli proprio no. Un padre di famiglia? Da escludere. Un contestatore rivoluzionario? Ma come potrebbe mai esprimersi un giovane impegnato, magari liceale o universitario, in un modo tanto zoppicante da sembrare addirittura ricercato? Sembra una provocazione, qualcosa che non si afferra, non si capisce. La scritta poi verrà metabolizzata dal quartiere, fino a stingersi, a sbiadire lentamente dai volantini, dai muri, dalla memoria degli abitanti. Pochi mesi dopo, l'apparente suicidio del “banchiere di Dio” Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano finito in un vortice bancarottiero, porterà alla luce un inquietante sottobosco fatto di malavita organizzata, spioni collusi, massoneria deviata, ma soprattutto di una Chiesa cattolica travolta da uno scandalo che la mette al centro di un groviglio a base di truffe, traffico d'armi, riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico per conto della mafia. Quella scritta delirante e sgrammaticata, diceva la verità.

Proprio di fronte al covo brigatista di via Monte Nevoso vive un giovane militante del centro sociale Leoncavallo, uno dei primi per Lambrate, Milano e l'Italia intera, dalle parti del Casoretto (a pochi metri da via Maderno): un quartiere teatro di violenti scontri tra estremisti già a metà degli anni Settanta, dove sorge l'omonimo Collettivo che tra gli ispiratori ha il capo dell'Autonomia, Toni Negri. Il diciottenne Fausto Tinelli cadrà in un oscuro agguato due giorni dopo via Fani, in via Mancinelli, a due passi dal Leoncavallo, insieme all'amico Lorenzo “Iaio” Iannucci. Si ipotizza di tutto, che i due avessero colto la base brigatista sul lato opposto della strada, così come la punizione per una loro inchiesta sullo spaccio di droga nel quartiere, ed è certo che in quegli anni si è già dato molto da fare nel business dell'eroina a Lambrate il neofascista Rodolfo Crovace, detto “Mammarosa”. Altro nome da non evocare, quello del faccendiere di alto profilo Ettore Cichellero. Elemento di intersezione di traffici di droga, armi, ma anche di generi alimentari perfettamente leciti, nonché in contatto con la mafia dei Corleonesi di Liggio e Riina, ma anche, secondo il libro “Il noto Servizio”, di Aldo Giannuli (Marco Tropea Editore, 2011), ben introdotto negli ambienti più coperti e più torbidi degli apparati di sicurezza, Cichellero, insieme a Crovace, figura nel libro bianco sullo spaccio nel quartiere messo insieme dai giovani Tinelli e Iannucci. La coincidenza, inquietante, è che proprio nello stabile di via Monte Nevoso 8, che ospita il covo brigatista col memoriale di Moro, aveva trovato sede, anni prima, una società commerciale fittizia, la “Nuova Kelsea”, in realtà funzionale al contrabbando a Milano, di tale Alberto Dugnani, collegata al Cichellero. Circostanza che sembrerebbe attirare come una calamita i segugi di Dalla Chiesa nella tana giusta, e del resto assai più attendibile della versione, confezionata ad uso stampa, del ritrovamento di un borsello su un autobus, da parte di una vecchietta (sparita, mai ritrovata, dissolta nell'aria), colmo di tracce brigatiste, dagli scontrini del dentista alle ricevute del rivenditore dei motorini, ad un cruciale mazzo di chiavi, tutti in zona Lambrate. Piste che, incrociate, avrebbero portato a delimitare il raggio delle ricerche: dopodiché, i carabinieri avrebbero verificato la compatibilità delle chiavi in una serie di appartamenti, che però doveva essere dell'ordine di migliaia e migliaia di serrature, fino ad arrivare, a colpo sicuro, all'alloggio di fronte alla casa di Fausto Tinelli.
Dopo i primi, scontati depistaggi, le indagini sulla morte di quest'ultimo e dell'amico Iaio imboccano decisamente la pista neofascista, senza risultati apprezzabili. Il fascicolo verrà chiuso con un nulla di fatto dopo 23 anni, nel 2000 dal gup Clementina Forleo. Particolare curioso, sulla Simca 1000 rossa dei genitori di Fausto Tinelli, spicca un adesivo con lo stemma della città di Fermo. Di gran lunga più ambiguo, ed inquietante, il passaggio inserito dalla BR nel comunicato n. 2 durante il sequestro Moro, subito dopo l'omicidio dei due ragazzi del Leoncavallo: “Rendiamo onore ai compagni Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci uccisi dai sicari di regime”. (...)

Commenti