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LA MIA DEMOCRAZIA

LA MIA DEMOCRAZIA
La democrazia di internet consiste nel lasciarsi insultare e diffamare da impuni che si tengono a debita distanza, spesso anche nominale; si risolve in un fascismo pseudodemocratico per cui la voce oscena di una minoranza volgare e cialtrona dovrebbe avere l'ultima parola. Mi spiace, qualcosa in materia ho studiato e questa impostazione non esiste e comunque non sarà mai la mia. Negli spicchi di rete che gestisco personalmente, accetto critiche, anche qualche sarcasmo, ma mai oltre limiti che ho tracciato con definizione chiarissima e irrevocabile, e che non lascio oltrepassare. Nei confronti di terzi, poi, questi limiti si fanno ancora più stretti: io non permetto a nessuno di offendere neppure chi sento come mio nemico (figuriamoci un amico). Ci si perde tempo? Forse, ma la distrazione non può essere un alibi, dal momento che sappiamo cosa scriviamo noi stessi e, grossomodo, cosa scrive chi ci segue. Conosciamo gli effetti delle nostre parole, dei nostri colleghi, di chi viene a trovarci. Alla fine, ciascuno ha un suo nucleo di affezionati, più o meno sempre gli stessi, si finisce per entrare in una sorta di estemporanea confidenza. Io penso che ciascuno abbia il “pubblico” che si merita, che ha saputo allevarsi e per quanto mi riguarda non vado a replicare roba altrui con l'evidente intento di farlo coprire di contumelie. Quando occorre, proibisco l'accesso al provocatore di turno, e così viviamo tutti più sereni. In questo modo mi sono costruito un mio mondo virtuale di lettori tutti civilissimi, nessuno escluso. Non voglio rivendicare qui una funzione pedagogica, che al contrario non sopporto. Tutt'altro, dico che sono anche i lettori a educarmi, che le loro esigenze mi vincolano, si traducono in un benefico controllo che mi fa riflettere e, qualche volta, mi frena il dito che, sulla tastiera, sta battendo un rigo eccessivo. Per chi, per cosa, poi? Non ho più 16 anni, scrivo da più di 20, se non ho imparato a giostrare con le parole, ad esprimere quello che penso senza ricorrere ad effetti speciali più o meno plateali, e magari sgrammaticati, allora ho buttato via una vita.
Ora, il punto è che se ci riesco io, che sono l'ultimo degli ultimi, possono riuscirci anche tutti gli altri. Ci vuole solo un minimo di attenzione e buona volontà. Ci vuole lealtà. Io non accetterei mai che un amico venisse maltrattato a casa mia (per virtuale che sia). Mi sentirei corresponsabile, se non addirittura il primo responsabile. Se poi le cose debbono stare così, se il giochino sono io stesso, se debbo essere il solito divertimento, mi spiace, ne faccio a meno. Oltretutto ho già dato e in abbondanza, gli sventurati che mi leggono dall'altroieri lo sanno. Ci ho messo un po' a lasciarmi alle spalle certa feccia disperata. Lavorare per fare (ancora) da tiro al bersaglio, non può essere la mia democrazia.

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