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Visualizzazione dei post da dicembre, 2012

ALLA FINE DEL MARE

Non sono fottuto, la testa è solo spenta. Non va avanti. Non trova niente da scrivere. Tutto già detto. Ripetuto. Sbagliato. Tutto inutile. Io ho capito. Nessun entusiasmo, nessun interesse, nessun divertimento nell'affidare i sentimenti. Forse nessun sentimento ormai. Perché, poi? Dove mi hanno portato questi grumi impalpabili, nebulose in attesa di una forma di parole? Io credevo fosse importante raccontarmi, raccontare e per questa ingenua presunzione sono stato punito. Sono stato pulito: non resta più niente. Ma come ho potuto pensare che a qualcuno importasse, che avesse un valore il mio mare di dentro? Il mio mare di male, agitato sempre, impossibile da domare. Mare che era lo specchio dell'anima mia, delle mie parole. Navigando su quello ho creduto di esistere, mi sono illuso di vivere per gli altri. Negli altri. E adesso mi perdo. Mi cancello di attese, mi stendo, mi arrendo. Arenato sulla sabbia di una realtà che non c'è, è fatta di niente, e a volte mi manc

I MIEI LIBRI DEL 2012

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DAMINI

Forse sarà il caso di ripensare un po' le lezioncine dei maestrini snob come Rampini, con le sue “Tc i uindia”, il presunto mélange, in punta di bocca a culo di gallina, delle grandi democrazie emergenti come l'India, insieme alla Cina, non ancora democratica ma sulla buona strada. Forse sarà il caso di disilludersi, se in India, “la più grande democrazia del pianeta”, una povera ragazza può andare al cinema col ragazzo a vedere un film d'avventura e buoni sentimenti, “Vita di Pì”, e non tornare più a casa, sventrata, maciullata sull'autobus da sei figuri, complice lo stesso conducente, che poi si accaniscono anche sul ragazzo. Forse sarà il caso di dubitare dell'ascesa di Tciuindia e dei subcontinenti emergenti se in un solo anno nella sola India si denunciano quasi 700 stupri, circa due al giorno, e di oltre 700 colpevoli uno solo, di straforo, viene condannato. Adesso i sei bruti sono stati arrestati e rischiano la pena di morte. Staremo a vedere. Ma comunqu

COSI' DEV'ESSERE

Ma quando sei allo stremo, sotto ogni difesa, vulnerabile come un passerotto. Quando tutto ti aggredisce, ti ammala, ti sfinisce. E tu non senti più la fatica, il dolore, la disperazione, non senti più niente, ti raggomitoli come un gatto e non ti difendi più, ti lasci grandinare addosso, ti lasci pisciare addosso dalla vita. Quando un altro sarebbe in ospedale, a dormire tutto il tempo e tu invece continui ogni giorno a non esistere, ti alzi, ti trascini, metti in fila i tuoi squallidi miracoli, torni a raggomitolarti. E ogni giorno ti spezza di più e tu non ti difendi e non speri più e non disperi più. Quando la musica esce da te, le parole non arrivano, quando chi ti aveva promesso lealtà ti ha tradito una volta di più, quando un'altra presenza sparisce portandosi via tutte le notti spese a medicarla. Quando sei incredibile a te stesso, ti stupisci di respirare ancora e non ti importa e non hai più voglia di gridare “aiuto”, di chiarirti, di spiegare a una sola persona in q

ESPULSO

Non è nato, è stato espulso. Scaricato nella tazza di un cesso così indifeso e grondante vita com'era. Quale madre non sente l'istinto d'amore verso il proprio figlio appena partorito, quale madre non avverte alcun bisogno di proteggerlo? Gli animali non fanno così. E passi l'abbandonarlo, ma volerlo uccidere a quel modo ha qualcosa di perverso, di peggio che cattivo: contiene un grumo di stupida, squallida, maligna crudeltà. Difficile dare un giudizio, difficile dire se si tratta di una madre sciagurata o la vittima di qualche racket. Ma le schiave moderne di solito vengono fatte abortire prima, o altrove: mai sentito di una che entrasse al Mc Donald's e se ne uscisse così, sgravata, liberata. Siamo abituati al cinismo, ma vogliamo ancora illuderci che forse quella madre non ha potuto fare altro. Ma c'è una cosa su cui non si può tacere ed è quella voglia di cancellare un fiore nel modo più lurido. Gelandolo, affogandolo in una tazza del cesso. Sì, c'

DACCI UN TAGLIO, PARIOLINO

Dopo 3 mesi il pariolino Telese, comunista per allegria, lancia appelli strazianti perché la creatura muore in culla. Ci sono passato un anno fa e sono proprio quelle esperienze che ti vaccinano. Quando i grati lettori vengono bombardati da invocazioni di soccorso, da più o meno dignitose campagne per sottoscrivere abbonamenti in articulo mortis eccetera, prima dovrebbero farsi due o tre semplicissime domande: come sono stati investiti fino a quel momento i soldi (compresi, eventualmente, quelli del pubblico finanziamento)? Perché si è arrivati a questo punto? Quali erano le buste paga di chi comandava? E chi lavorava per la testata, al netto delle chiacchiere, è stato pagato o resta col classico pugno di mosche? Lo sappiamo, questo non è un paese per meritevoli e non c'è nessuno di così insostituibile come chi titaneggia, nel senso della barca sborona che va a fondo, da Telese alla Parodi. Malgrado tutte le opportunità di questo mondo. Telese ha un programma su La7, il cl

IN TE

Lasciami la tregua da me stesso Adesso io mi ti riprendo, notte I tuoi attimi che parlano fitti Tarli neri dal vento portati Per mangiarmi in silenzio la mente Notte dal frusciare di velluto Che i pensieri fanno attraversando I tuoi viali sconvolti dall'aria Della danza di veli di memoria Nel paziente lavorio di un faro Per le scale della mia follia Che mi tiene compagnia, sei moglie Esigente, che mi vuole sveglio Ma che non conosco quasi più Eri amica: sei scrigno di dubbi Spugna di respiri in gabbia tu Eri amante, sei l'eternità D'un'attesa senza devozione Derelitta notte di cartone Inservibile, arida di sogni E incognite che in te sola sciogli Senza una parola sei sparita Forse che t'avessi mai tradita Fosse la ragione d'un pretesto Ma io sempre qui, malato e desto A cercare i tuoi passi di seta L'estenuata pace dopo il mondo La tua luce d'un buio profondo Ma tu nien

IL FARO N. 48 anteprima

Ultimo Faro dell'anno, quello "lungo", con più pagine, con la lista dei dischi 2012 del Faro. Ma anche col riassunto delle malefatte di Monti, l'annuncio di quelle che verranno, la definizione di uno stato ladro, pura espressione dell'amministrazione dei privilegi da chi lo possiede protempore. E se lo spartisce, e ci si blinda, uccidendo la povera gente. Perché la povera gente non è un modo di dire, c'è, tiene gli occhi bassi e non va in televisione, non va all'aeroporto, consuma la vita nelle sue due stanze, senza Natale, senza estate. Questi sono i suicidati dallo stato, da Monti, nel 2012. Tanti di più ne seguiranno. Il grido"Basta! Basta! Basta!", il Faro l'h a fatto suo da subito. Ed è per chi, in questo stato, non ci sta più. Perché è uno stato ladro, perché non c'è mai stato, e invece il Faro ha tatuata sulla pelle la libertà. Non quella del delinquente, ma del disadattato. Ad immagine e somiglianza dello strapelato free lan

TUTTO DI TUTTO

Tutto di tutto vorrei amare Vorrei poterti voler bene E avere ancora una preghiera E qualche monetina in tasca E i pesciolini nella vasca Una giornata intera al mare Che non finisce e quando piove Vorrei sapere un po' di pioggia Suonare un blues con la chitarra Ed accucciarmi nel silenzio Vorrei per un momento solo Tornare dentro il tuo sorriso Vorrei un bambino con il viso Che è quello del padre bambino Vorrei una casa ed un cappotto Vorrei poter capire tutto E non dover spiegare niente E non dover pensare a niente Saper salire sulle piante L'ultima partita a pallone Vorrei risorgere, non so Da cosa, ma tornare indietro E pungermi con una rosa Guardarmi in un pezzo di vetro Vorrei dormire e poi levarmi Senza più l'ombra dell'inverno E non tirare mai più sassi All'universo né a me stesso Esser felice di tornare In una città che è la mia La luce del mattino bere D'u

QUEL PRETE MISOGINO – UNA APPENDICE

Dopo il breve corsivo di ieri non sono mancate lettere che difendono il prete misogino in odor di fascismo (già un eroe per la parte fondamentalista, che in Italia non è mai troppo minoritaria). E, vedi caso, alcune, che ho pubblicato, provenivano da un collega del don Piero molto attento a non firmarsi: si siglava “Sigma Tau”, come la casa farmaceutica. Bel modo di ispirarsi ad Uno che, pur di non nascondersi, è finito in croce. Più li incontro, i preti, e più mi confermano quello che ne penso. Ma non divaghiamo, visto che ci pensano già loro a svicolare, facendo scivolare il discorso sui facili costumi delle donne, come se fossero questi a decidere il macello che se ne fa attualmente. Disgraziatamente, a finire annientate non sono cubiste da discoteca ma, quasi giornalmente, donne mature, vittime di stalking da parte di ex compagni che non si rassegnano. E che spesso, per non sbagliare, fanno fuori anche i figli (si sa che sono loro, quegli schifosetti dei bambini, a provocare i

SE CONTINUA COSI'

Qui non si forniscono indicazioni o preferenze di sorta, ci si limita ad analizzare i flussi e la comunicazione elettorale. Ebbene, guardate che quest'altro giro, tanto per cambiare, la sinistra l'ha cominciato nel modo peggiore e Berlusconi invece benissimo. Lasciate perdere i numeri che va a dare in televisione: quello che conta è che lui ha, e li martella, due slogan semplici quanto efficaci: “basta tasse” e “la casa non si tocca”. In questo momento – in questo momento – non sono due trovate discutibili ma due verità assiomatiche. Sono quello che la gente vuol sentirsi dire e ha il diritto di sentirsi dire, perché la pressione che la schiaccia si è fatta obiettivamente insostenibile, ingiusta, assurda. Da parte sua, Monti presenta un'agenda ambigua, l'unica cosa comprensibile essendo la volontà spietata di ampliare la metastasi dei prelievi. Ha già liberato per l'inizio del nuovo anno una cinquina di tributi micidiali. E la sinistra non sa fare altro che

IO QUI

Io qui per curare il mio male Io qui per morire di gioia Per meritarmi l'ultimo inchino E una danza macabra a dispetto Di un destino sempre contromano La mia notte non la dormo e spunta Una viola in un prato di avanzi Io qui malgrado me, sconvolto Senza dare ascolto al funerale Che qualcuno m'ha già apparecchiato Col mio blues liquido di parole Io qui per curare il mio male Di un colore che non si può dire Scheletro di vetro, qui m'arrendo A un segreto dai minuti contati Come un feto caduto per terra Parentesi dell'unica realtà In un tempo disperato e vuoto Io qui nel tuo cuore seduto Nell'imbuto di un'attesa infantile Sottoposto al tuo muto verdetto A un crudele alzarti e andare via O al velo acceso che lascia una scia Sul tuo sguardo complice. Io qui Impegnato a vincere me stesso A regalare questa mia follia Che già spira nell'ultimo inchino A un mare d'amore più

SE IL PRETE PROVOCA

Prendendo per un attimo per buono, squisitamente in punto di logica, il delirio di quel prete deficiente convinto che le donne vengono accoppate perchè girano a culo scoperto, dove sta, appunto, la logica? Qui c'è un difetto di logica per mancanza di logica, una specie di pregiudizio cieco. Che le donne siano più disinibite di prima (il che non significa meno fragili o confuse), è un fatto; e questo, dico questo sarebbe il meccanismo che spinge i maschi a cancellarle? E, se pure, dico sempre per restare nei binari della demenza, avesse un qualche fondamento questo assurdo rapporto causa-effetto, basterebbe a spiegare i continui omicidi? O non porterebbe forse alla conclusione, addirittura contraddittoria negli intenti di questo esaltato, che le donne provocherebbero degli uomini del tutto sprovvisti di ragione, e dunque da internare in manicomio? Con tutta evidenza, siamo di fronte ad un pensiero, si fa per dire, che fa acqua da tutte le parti, forse non più così maggioritario

FINITO

Walter Bongiorni, La sconfitta Ho bisogno che tu mi raccolga Cavalcando tigri di carta caddi Come un piatto rotto in fondo al solco Stretto e corto della vita agra Ero falco, ora sono preda Del vortice asprigno del silenzio, Quel ronzio di polvere di sogni Semplicemente complice del niente Non m'impregno più di cielo a sera Non respiro la pioggia leggera Nel mio labirinto di domande I miei dadi getto senza impegno Ho bisogno che tu ricomponga I frammenti di pongo di me Altrimenti me ne andrò nel vento Da cruda resa dei conti vinto Rassegnato ai titoli di coda Vergognoso del sorriso che ebbi Dell'orgoglio che non mi salvò Dalla rabbia che accese falò Del coraggio di non esser buono Da non disturbare mai nessuno Fu una trappola l'intransigenza E la libertà della speranza Oro falso, aria velenosa E il mio mare non ha più colori Ho bisogno che tu ci sia ora Perchè non ho altro che l'

A NATALE UN BAMBINO MUORE

Macchina delle notizie e delle fesserie che non si ferma mai, neanche a Natale. E così un piccolo fatto atroce viene travolto dalle troppe cazzate di cui c'intossichiamo. Che ne direste di cinque bambini che muoiono di freddo a pochi giorni da Natale, una dei quali di appena 40 giorni? Immaginate una catena di montagne dal nome mitico, Atlante, in Marocco, capace di salire nel cielo per oltre quattromila metri. Qui il freddo è spietato, ti prende, ti mina, e poi, quando sei allo stremo, ti intorpidisce dolcemente ed è finita. Questo il destino di cinque bambini, di cui una di appena 40 giorni, senza niente altro che il gelo per Natale. Habiba Amelou è morta venerdì nel villaggio berbero di Anfgou, a circa 300 km da Casablanca, a quota 1.600 metri, dove già nel 2006 i morti per il gelo si erano contati a decine. Morte per la tosse che l'ha distrutta, l'ha fatta a pezzi come una bambola, e il tormento in quel corpicino di pochi giorni non si può immaginare. Così ingiu

AUGURI

Di passaggio, Natale è passato, ma forse sono ancora in tempo e i miei auguri vanno, naturalmente, a chi ha la pazienza di leggere Babysnakes e il Faro; ma, in questo particolare caso, un augurio speciale voglio rivolgerlo a chi si è scomodato, venerdì scorso, per condividere con me e Benvegnù una notte da buttare. Sapete com'è andata, e ho raccolto tutta la vostra amarezza per non avere potuto assistere al reading ma anche la frustrazione per un contesto che, a prescindere dall 'accaduto , tutti, senza eccezioni, avete considerato come inadeguato, non confortevole, addirittura “respingente”. Posso solo dirvi che, evidentemente, questa è la regola, se non sussiste neppure la dignità di pagare i propri debiti; io, in seguito, ho ricevuto solo una letterina melliflua da un tramite, il quale, forte di una invidiabile esperienza alle feste in famiglia, non è evidentemente uscito da una bolla di locale paranoia per cui quello che succede a casa mia va accettato e sei tu a dover

I FIGLI DEI POVERI

Sono loro, i figli dei poveri Che non hanno ricoveri di gioia E di pietà quando viene Natale Natale di veleno nelle vene Di struggente letale crudeltà Come il sole uccide mentre splende Natale dalla neve che non scalda Niente palle sullo scheletro verde D'un abete che oltre il vetro muore Di vergogna, senza niente addosso Nemmeno uno straccio d'allegria Straziante, l'ombra di una luce E spifferi invece di giocattoli E sorrisi cariati già da piccoli Dalla fame di vita più che pane Che hanno solo i figli dei poveri Crocifissi nel posto sbagliato Proprio adesso, che uno di loro è nato Ma quei nostri rimorsi van di fretta Nastri in seta attorno a quei pacchetti Che contengono la disperazione Senza sorpresa di un altro Natale Triste, abraso da volti contorti D'una felicità tolta, che frusta Più di tutte le lacrime abortite Nell'ovatta d'un acre mentire

UN'OCCASIONE PRIVATA

Ieri sera, alla Libreria Arcobaleno, a Civitanova Marche (piazza della Conchiglia), due piccole letture, una appendice della assurda serata di venerdì. Due racconti "lunghi" che ero stato costretto a sacrifricare in quel bettolame di ubriachi che sbraitavano al bancone. E qui, col silenzio giusto, con le persone attente, potendo modulare ogni sfumatura della voce, con tutte le pause del caso, io ho visto. Ho visto ancora quell'attenzione. Ho visto l'attesa per un epilogo. Ho visto la commozione per quell'epilogo. Ho sentito il senso di quel che facevo, quella piccola, inutile, ma per me tanto importante cosa che facevo. Due racconti soli, uno l'avevo già letto diverse volte, l'altro mai, in assoluto. Anche altri hanno letto, però cose tratte da libri. Io lì in libreria porto sempre cose mie. E' qui che mi sono messo alla prova, prima che le mie scorribande cominciassero. E' qui che ho deciso che poteva avere un senso provarci. Sono le mie prov

3:00 AM

Qui sola sotto vecchie stelle Non ti dirò da dove vengo Ammesso poi che sia importante Non ti dirò che a volte piango Sotto le stelle e sono tante Quando ripenso a una bambina Con un destino da puttana Sono una goccia in questo mare Di notti amare, botte e stracci Non saprai mai quante ne ho viste Gli uomini sono disumani E fanno battere l'eterna E triste strada dell'inverno Non ti dirò perchè mi vendo Le tue domande sono vetro So solo che oramai è tardi Per poter più tornare indietro La mia via crucis l'ho spianata Lungo le strade più spietate Senza Natale senza estate Tra scappamenti e nevicate Non ti dirò di chi è la colpa Per una storia che mi spolpa Troppi avvoltoi per scappar via Se vuoi è soltanto colpa mia Non mi lamento in questo vento Che frusta quelle come me Chi c'è arrivato qui ci resta E non si chiede mai perchè Scoppiamo, bolle di sapone Multicolori qui a milio

MA QUALE ARTISTA

Maria Luisa Franchin, Capolinea Mi avete scritto in tanti, dopo la nottata da dimenticare di venerdì: “Non arrenderti”. Ma non è questione di arrendersi, mica sono in guerra. E' la semplice constatazione della mancanza di senso e di alternative, che impedisce di protrarre quello che, tra difficoltà sempre maggiori, cerco di fare. Qui, dico da queste lande in cui vivo da 28 anni, mi risulta impossibile tirar fuori qualsiasi cosa. Qua tutto parte male e finisce peggio, sia un reading sia una sfilata d'auto d'epoca (ricordo ancora il boicottaggio della scorsa estate ad opera addirittura di gente del Comune). Personalmente, mi sono stufato di sbatterci l'anima. Ho anche imparato, non da oggi, che l'andazzo è generalmente vile: i provocatori agiscono in gruppo, ma se affronti la questione a modo tuo, lo Stato periferico fa mafia contro di te, spuntano i testimoni falsi, spuntano gli sbirri e le istituzioni che son tutte imparentate, tutte amminchiate e tu non ne

IL BLUES

E' sapere la tua malattia È un Natale senza palle addosso Suono della notte che ricopre La tua voglia di morir di stelle Il boxeur crocifisso ai suoi tagli E' l'ultima volta di ogni cosa Di un concerto fino al prossimo Di una rosa rossa già appassita Il profumo che non t'abbandona Il perdono per il tuo assassino L'ultima scommessa già perduta Prima di giocarla, l'imbarazzo Che non provi mentre perdi i pezzi E' il tuo stile, quello che sai fare Solo tu e non ti serve a un cazzo Col tuo orgoglio fatto di brandelli E' uno sbaglio, l'ultimo, il più bello La tua voglia di farla finita Ostinata quasi come la vita Il sorriso contro il tuo destino Senza denti, con una chitarra Che suona da sola la sua guerra D'anima cascata sul sedere E' sapere la tua malattia Chiusa per l'eternità in due occhi E non fare niente per curarla Ma ne parli con una puttana E' l&