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QUESTI MOMENTI


Si può essere felici seduti su una panchina, come un vecchio, al tramonto, con vecchie canzoni nelle orecchie, sulla punta d'una commozione, indifferenti all'indifferenza, sprofondati in righe che non hanno senso, se non quello d'esserci? Forse no, ma ci provo. Perché non ho altro, non posso fare altro. Sono stanco: di sentirmi stanco e di riposo, dell'inverno che ho addosso e dell'estate proditoria, che mi strappa via i panni, mi sorride e si spoglia, si riveste e va via, si riveste d'inverno. Mi saltano addosso le stagioni ma non ho nessuno da cercare, nessuno da raggiungere e mi rifugio in me; queste righe che non dovevano essere ma sono. Sono loro, come sono io. E scopro una volta di più che non c'è modo più bello di perdersi, di ritrovarsi, di sentirsi solo, di sentirsi alieno, di sentirsi strano: una donna, la panchina più in là, mi sbircia quasi allarmata: che spettacolo è un uomo in calzoni corti e capelli grigi che si scrive assorto su un taccuino consunto? Cos'è tutta questa fretta? Sì, c'è qualcosa di misterioso, di inquietante in uno che scrive su un blocchetto, non armeggia su un telefono: un disadattato felice, vieppiù pericoloso, capace d'ogni sogno. Ma io non voglio far niente, solo raccontarmi, da solo come ho sempre fatto, come da bambino: la differenza è che adesso, qualcuno saprà. Sospetti di presenze che quasi mai conosco, che quasi mi conoscono, sanno tutto di me. Dopo troppo impudente confessarmi. Mi tengo compagnia, mi racconto, mi indago e la musica che scorre non la sento più ma c'è anche lei, scandisce un tempo indolore e la piccola penna non smette di correre, d'inseguire pensieri. Ho sempre con me un buon taccuino e una penna: se mi sento morire, non c'è altra pozione. Altri usano pillole, giubbotti corazzati antiemozioni: io ho corde di carta per buttarmi a capofitto nel mio mondo che non c'è finché trovo l'acqua d'un sentimento. Allora la crisi è superata. Allora quattro parole han trovato un esistere. Allora voi saprete. A volte questa felicità segue il percorso di un discorso, altrimenti le linee spezzate di un verso che un altro ne chiama, catenelle di versi; questi momenti, mi sento come più lontano non potrei e più vicino insieme alla vita, che mi sfiora attorno, mi tollera, mi giudica strano, mi condanna al confino. Ma la Vespa, sul cavalletto inclinata, sorride complice; attende. Le cose non tradiscono, le cose diventano come noi le usiamo, aumentano quelli che siamo. Reggono la nostra stanchezza come il naso i miei occhiali. Come questo viale i passi, e sopra i passi le ombre, e sulle ombre la gente, e sulla gente le piante, e sulle piante le foglie, e sulle foglie il sole che non vedo nel cielo ma mi manda i suoi raggi per farmi capire che è ora ch'io vada.
È volato un disco, un disco intero. Sono volate le pagine del blocchetto. Si può essere felici a questo modo? Non lo so, forse no, ma ci provo. Senza curarmene, ci provo. Senza provarmi, ci provo. Senza potere altro, ci provo.

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