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VIA D'USCITA


Legge di stabilità. Che ha scontentato tutti, ma non è una novità, fa parte del copione nazionale. Al di là delle posizioni strumentali, par di capire che il nonsenso di questo provvedimento stia nel pieno di vuoto, in una serie di falsi provvedimenti che, di fatto, lasciano tutto come sta, insomma tirano a campare, specialità famigerata in cui siamo maestri. C'è anche un sovraccumulo di arroganza che sembra avere oltrepassato il tipico dire e disdire dei politici per imboccare una fase nuova: il dire che contraddice la realtà. Quando Alfano e Letta, dopo avere ribattezzato una Imu potenziata, alzato l'Iva, aumentato la benzina, ritoccato le spese correnti, salmodiano “Non abbiam messo mano nelle tasche dei cittadini”, nella loro allusione vagamente osè stanno dicendo: la nostra parola contro la vostra e la nostra conta tanto quanto la vostra non vale niente, perché noi siamo il potere. E tutto per tirare a campare, o a morire nel caso di molti. Ora, abbiamo masticato quel poco di dottrina da ricordare che gli organi istituzionali non vengono eletti per fare gl'interessi diretti del popolo, che d'altronde non li conosce, ma per comporne nel modo più efficace possibile l'articolazione di rivendicazioni, a nome della maggioranza ma tenendo presenti le istanze delle minoranze. Ma a questo passo, di rappresentanza cosa resta? Qui c'è una eterodirezione palese, scontata, la Merkel appena rieletta come primo atto ha chiamato Letta per ricordargli da chi era stato scelto e per cosa: obbedire, eseguire le indicazioni degli organismi extranazionali. Il Capo dello Stato, a sua volta esecutore, mera cinghia di trasmissione, a dispetto della “monarchia” di cui viene accreditato (e infamato), ha preso prima Monti, presentato, con l'avallo di una stampa fellona, come uno statista, uno squisito economista anziché il mediocre burocrate che era, con la sola missione di ammazzarci di tasse in modo ottuso e sistematico come pretendeva l'Europa; quando Monti è diventato impresentabile, essendone anche emersa la pochezza, Napolitano ha preso Letta con uguali prospettive e scadenze. Repetita juvant: in cosa questa sarebbe “rappresentanza”, in che modo dovremmo sentirci vincolati a questo Stato?
Noi non contiamo più niente da tempo, e sempre meno scorrendo le stagioni del nostro scontento, realtà che dovrebbe farci riflettere sulle speciose polemiche circa il partecipare o meno alle guerre altrui, il concedere o meno le nostre basi o l'acquistare nuovi caccia (che comunque gravano di polvere un deficit stellare: un aereo costa suppergiù come i pretesi ingaggi di Fazio, Crozza, Saviano e la Littizzetto. Coi piccoli particolari che non possiamo esimerci dall'aquistarli per questioni di appartenenza a schieramenti e trattati e di totale dipendenza energetica, data anche dal nostro sciagurato rifiuto per il nucleare civile; che gli operai e le maestranze stanno pure nell'industria bellica, e, se è vero che i proletari di tutto il mondo debbono unirsi, non si vede come escludere proprio quei poveretti; e che, restando totalmente sguarniti, diventeremmo il corridoio per qualsiasi scorribanda: lo schiavismo degli scafisti non insegna niente).
Noi contiamo zero, e da Paese azzerato variamo severissime leggi contro il femminicidio mentre ci apprestiamo all'ennesimo indulto. obbligato viste le condizioni orrende dei detenuti, ma strategico nella prospettiva di quattro politici dalla coda di paglia. Mentre il Fondo Monetario avanza l'ipotesi, criminale ma non contrastabile, di trattenere d'imperio il 10% sui depositi: in cosa dovremmo considerarci rappresentati, uniti, partecipi di simili organismi internazionali? Queste entità adottano per noi decisioni di macelleria, che prescindono completamente dalla nostra situazione, sono aride, anodine, un pura esigenza nominale di bilanci, di misure, di esigenze globali dove noi non figuriamo. Dopo avere distrutto quel che restava, il medesimo Fondo Monetario ha ammesso di avere sbagliato i suoi conti con la Grecia, la cui situazione e il cui malcontento violento però non sembrano essere fra le priorità di chi ne ha aggravato l'esplosione. L'Italia è considerata Paese a rischio, Paese squalificato, e giudicata meritevole di subire lo stesso trattamento, errori inclusi. Abbiamo governanti che non governano, eseguono; e non eseguono nell'interesse nazionale, ma per interessi sovranazionali. Come? Nell'unico modo che conoscono: insistendo su una tassazione criminale mentre la smentiscono, nell'illusione di tirare a campare.
Invece, servirebbe tutt'altro. La rete gorgoglia di appelli e invocazioni per una sinistra che non c'è, da ritrovare, da rifondare. Sono romanticherie, nostalgie inconsapevoli e farneticanti di ragazzi che se la tirano, coltivano i loro orticelli di sottocultura alternativa e giocano con le figurine di Che Guevara. Ma far cacare il culo è una cosa diversa e loro non hanno ancora idea dei veri sacrifici che li attendono crescendo, invecchiando, quando il problema non sarà più la sopravvivenza giovanile ma l'assai più drammatica sussistenza di un tetto e del pane per i figli (se potranno permetterseli). La verità è che non ha senso rimpiangere una sinistra (o una destra) in quanto tale. Ci sono momenti in cui vanno fatte determinate scelte – tutto ma non il tirare a campare -; e queste scelte s'infischiano delle relative catalogazioni. La verità è che, oggi, l'Italia una sinistra all'italiana, e dei sindacati all'italiana, tetragoni ad ogni taglio, non se li può permettere. Non più. Se vuole sopravvivere, questa landa senza sangue deve tagliare spesa pubblica e sfoltire tasse e cancellare una volta per tutte sprechi immensi. Se vuol poter accogliere migranti, e Dio sa quanto un Paese debba a se stesso la dignità dell'accoglienza, ebbene deve smettere di vederli gettare nei cassonetti, ancora sigillate, le derrate appena ricevute per legge, come succede in certi quartieri di Roma. La Kyenge vuole la previdenza sociale per chiunque entri ed esca: al suo Paese i feticheur hanno forse poteri sovrannaturali? Ma noi questi prodigi italiani, non possiamo più concederceli. Non è questione di coperta corta: è che è finita la coperta, per tutti, ed urgono operazioni drastiche. Se ne sono accorti anche gli americani, dove la protesta dei Tea Parties ha fatto solo da detonatore, che quello di Obama era il libro dei sogni in un'epoca di espansione asiatica inarrestabile: e adesso sono in stallo. Solo che loro possono consolidare il debito, ovvero spostare le loro crisi altrove, le possono spalmare. Noi possiamo solo subirle. E il default americano, tanto per cambiare, lo sconteremo caro, lo sconteremo tutto. Perché siamo la parte più molle nel molle ventre europeo.
Ci servirebbe una fase di privatizzazioni, di mordacchia a sindacati fuori dalla realtà, di eliminazione di una burocrazia borbonica, di una politica ladra vista come un bene-rifugio, di sfoltimento autentico di una macchina statale che affonda con sopra 60 milioni di passeggeri e non può essere tenuta insieme coi cerottini. Servirebbe uno Stato che s'impiccia pochissimo, ma si fa rispettare molto. Servirebbe anche, in parallelo, una nuova concezione di un settore privato che oggi è ancora truffaldinamente aggrappato alle mammelle pubbliche, sterili e velenose: tutto il contrario di un mercato che può funzionare, basato sulla concorrenza e non sulle rendite di posizione. Qui pubblico e privato sono identici, tirano solo a campare spennando i cittadini/utenti. Vedi il caso della Rai, carrozzone pubblico in forma privata dove l'ultimo dei guitti pretende venticinque milioni di euro, i controllori, lottizzati dai partiti di riferimento, li difendono, e ci vuole l'esagitazione di un politicante di schieramento avverso (e crocifisso in quanto “nano”, con squisito gusto per le pari opportunità), per innescare una reazione a catena.

Insomma servirebbe, vedi caso, proprio quello che gli organismi europei, internazionali, dietro i loro discorsi virtuosi e fumosi hanno l'aria di non desiderare affatto: l'emancipazione da noi stessi, una via d'uscita dalle sabbie mobili dell'eterno tassarci per mantenere un immutabile sfascio. Tradotto: decisioni crude, drastiche, decisioni, evochiamoli pure questi nomi famigerati, alla Thatcher, alla Reagan, checché se ne voglia pensare. Per poi voltare pagina, questo sì. Ma domani, o dopodomani. Oggi serve questo. Esattamente come nell'Inghilterra di fine anni Settanta, in ginocchio, sconvolta, confusa da rivendicazioni contraddittorie, spesso irrazionali. In Inghilterra tutti avevano perso la testa. Venne la Thatcher, e, checché ne pensino i politologi come Sting e qualche punk miliardario, dopo di lei i laburisti poterono ereditare un Paese salvato, sia pure a duro prezzo, e comandare per lungo tempo. Noi invece continuiamo a macellarci senza costrutto e senza speranza, nell'illusione di tirare a campare. Ma al massimo tiriamo a Campari, beviamo per non capire più niente, per sfasciarci meglio. Siamo il Paese più precocemente alcolizzato d'Europa, chissà come mai.

Commenti

  1. Ahime!!
    hai ragione al 100%. Ma non si farà mai tutto ciò, non solo perchè abbiamo i politici e la classe dirigente di cui sopra ma pèrche l'italiano medio si è rintontolito, non capisce più un acca. Solo furbetti e tonti. Quelli svegli sono già andati all'estero oppure campicchiano alla bene e meglio, cercando di occultarsi in questa guerra di tutti contro tutti.

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  2. un operaio o manovale figlio di operai o manovali come può permettersi di andare all'estero?
    sai quanta ce n'è in giro di manovalanza ?non è una soluzione alla portata di tutti.

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