Passa ai contenuti principali

QUELLO CHE RIMANE


Quanto sei saccente, mi dicono, nella tua insofferenza. Ma c'è già tanta gente che è giuliva per contratto, oppure per fondare un partito. Lo stesso antagonismo è diventato motivo di carriera, e in questa dimensione piace tanto. La mia insoddisfazione invece non ha secondi fini, si contiene in una pagina facebook, si confina a un blog dove, quando mi riesce, tento di scaldare chi legge con la mia disperazione. Vivere felici non è ancora obbligatorio, grazie al cielo, e il punto non è avercela o meno con tutti quanto sostenere l'esasperazione. Altrimenti si finisce a mettere i “mi piace” su pagine come “odiamo tutti i politici italiani”, molto frequentate da chi è insofferente verso la mia insofferenza. Spiacente, ma non stimo a comando. E, finché sono libero di farlo, non mento a chi mi segue. Ho scelto di non inflazionare quello straccio di speranza che mi resta, e preferisco spenderla in privato, riservandola a chi si ricorda di me, viene a vedere se son vivo, macina la sua strada per un abbraccio. Non sto esagerando, spero che chi legge queste righe ci si riconosca e, se non altro, me ne dia atto. Io non sarò una fontana d'acqua di rose, ma è difficile che chi entra in casa mia, non ne esca un poco più sollevato. Più motivato. Questo so fare, e non mi risparmio: ma qui è questione di cuore. Il mestiere, invece, consiste nel vedere quello che c'è (e nel non vedere quello che non c'è; e non il contrario). Io non ho obblighi verso chi ha la bontà di seguirmi. Non più. Gli ho dato, sinceramente, venticinque anni della mia vita, il che significa la metà dei miei giorni. Non me l'ha chiesto nessuno, ho deciso io di essere leale in quello che facevo. Ma l'ho fatto, pagando prezzi a volte ingiusti. La solitudine, per esempio. L'angoscia del domani e quel senso di fallimento, di frustrazione che divora. Le notti bianche, piene di fantasmi. Lo spaventoso suono del silenzio, quando non ti cerca nessuno, quando anche una telefonata ti darebbe ossigeno, e tu ricordi chi ti lasciò giurandoti fratellanza e poi è sparito, e ti domandi perché sei svanito dal mondo, cosa hai mai fatto di male per meritare questi arresti domiciliari e ti chiedi dove siano finiti tutti quelli che un tempo ti scrivevano, ti ammiravano, ti facevano sentire esistere. Ma la meschinità non si dà pace, l'invidia non perdona, la bassezza non ha fondo e allora bisogna precipitare nei propri incubi e a quel punto non puoi fare altro che restare nel buio. Io ho passato i miei inferni e non smetterò di attraversarli. Mai, mai. Questo mi sembra chiaro. E so bene che quella disperazione si sedimenta, diventa sfiducia, diventa cinismo, diventa anche rivalsa: quando mi fregavano, non fregava a nessuno: dovrebbe fregare a me, adesso? Nessuno mi ha aiutato a cercare una fiammella in quel buio. Eppure non ho mai smesso di confrontarmi col dolore altrui, con l'amarezza e la disperazione di chi mi intercetta: anche questo, spero mi venga riconosciuto. Non mi sono mai tirato indietro neppure quando le paure che mi venivano affidate finivano per riaccendere le mie. L'orrore è contagioso. Eppure continuo, come posso, offrendo quel che rimane di me. Cercando di trasformare la solitudine in esperienza, la desolazione in entusiasmo. Ma l'ottimismo a gettone, la stima di convenienza o, peggio, irrazionale, così, tanto per provare, per rassicurare, quella no. Non è una lotteria ed io non mi sono mai svenduto e non ho mai taciuto e non ho mai smesso di prendermela, da bravo visionario, coi mulini a vento dei luoghi comuni, le ipocrisie, le convenienze, i cambi di morale. Ho insistito perfino da sperduto in un deserto di oblio. Ho continuato anche quando ogni convinzione m'aveva salutato. Non ho smesso neppure costretto su un letto, senz'altra forza che di scrivere. 
Qualche volta, mi sono alzato per andarmi a presentare a una platea, con l'unica oncia di forza risparmiata; poi sono tornato a stendermi nell'abbandono. L'ho fatto senza lasciar prevalere le logiche dell'interesse, pur di manifestarmi sempre a modo mio, e non si creda che le parole di un blog non rimbalzino altrove, se hai 25 anni di mestiere alle spalle, e che non attizzino rappresaglie. Le prove della mia sincerità al lettore le ho fornite tutte. Anche quelle della mia amarezza, dell'autolesionismo, della dignità di farmi trovare sempre, di rispondere, magari a brutto muso, ma senza evitare nessuno. Niente più da perdere, niente da difendere. Anche da me stesso, adesso sono libero. 

Commenti

  1. Notte. Nelle orecchie un concerto dei Low registrato e mandato in onda dalle poche pagine ancora libere che la radio sa offrire. La notte che sempre mi ha aiutato a capire, a cercare e a trovare, perchè solo di notte il respiro si può dilatare ed espandere nel silenzio che ci circonda. Perchè commentare un così poco commentabile scritto? Per offrire vicinanza? Va da sè, non occorre, certe presenze si intuiscono anche se a distanza, anche quando inaspettate e pure attraverso un mezzo moderno come internet. E poi rileggo e vedo con quali colori diversi viene descritta da te la notte, se popolata di fantasmi e quali parole usi per raccontare questo silenzio in cui mi immergo invece come fosse un'oasi. Ma certo, si tratta di silenzi differenti, di rumori diversi e di notti che comunque ci riportano a quella cifra tutta interiore che definiamo libertà. La libertà a cui sei giunto pagando un prezzo troppo alto. E perchè poi gli Uomini non sono ben accetti in questo stato di cose, per questo immagino chi giura fratellanza si arroga il diritto e la possibilità di lasciarti macerare solo nei tuoi malesseri. Per quel che vale una promessa e se poi fatta di fretta, con leggerezza...Ti diranno che occorre salvarsi e forse hanno pure ragione. Ma la salvezza cos'è? Sarà rinnegare persino la propria ombra per portare in salvo una pelle sempre più lisa e però tirata a lucido da interventi estetici che trasfigurano i volti fino a renderli maschere? O poi le maschere sono invece rivelatrici chè non lo si poteva immaginare che quello fosse il vero volto? Un ritratto spietato che poi, una volta rivelatosi, non spaventa più nemmeno ma quasi porta autocompiacimento. Ecco, un Dorian Gray ci morì ma noi no, noi l'abbiamo fatta franca e nemmeno ci spaventa aver preso coscienza. I mostri che abbiamo dentro, come li cantava Gaber, sono persino fuggiti, inorriditi loro.

    E' come fossi entrato in casa tua. In punta di piedi, mi lascio la porta socchiusa alle spalle e ti auguro una buonanotte. Senza fantasmi. A me questi low ora mi bastano. Le mie di notti servono a ritagliarmi quel poco di tempo che mi serve chè altrimenti non saprei come rubare. Finche mi regge il fisico forse maltarttato dal poco dormire.
    Notte, Uomo libero

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per queste parole, casa mia è sempre aperta per chi viene a leggermi con questo spirito. Restare liberi completamente esposti alle intemperie è inevitabile e complicato, ho fatto quello che ho potuto. Curioso, che l'invito a non inferirire mi provenga, oggi, da alcuni fra quanti si impegnarono tanto per farmi del male, e adesso si ritrovano a difendere le macerie dell'indifendibile. Ma è vero che la nullità non può contenere dignità, ed io ho imparato a non raccoglierla più: Troppa ne ho gratificata anche solo con una risposta.

      Elimina
  2. Dicono che la propria libertà rubi una briciola a quella altrui. E l'uomo,se così fosse,saprebbe quando e dove fermarsi.oggi iltempo sembra impazzito.una tale furia di pioggia e vento non l'ho mai vista in 41anni di vita distorta.è forse questa la libertà?distruggere per costruire...mi viene da dire...è questa la solitudine che a me distrugge i nervi,quel poco di fiducia in me stessa che mi rimane e che mi sputa fuori dalla mia stessa gabbia.grazie amico.

    RispondiElimina

Posta un commento