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LA MONACA DI MONA


Che la suorina distratta fosse destinata alla televisione, non c'era dubbio; ma le anime candide, detto senza malizia, che ne sospettavano un ruolo di vittima non avevano viceversa considerato la preparazione dettagliata, degna di uno sbarco militare, da parte della fanciulla. La quale segna una clamorosa evoluzione nelle strategie per diventare celebri. Si parte da un Paese esotico, del centro o sud America, le cui bellezze sono sempre appetite dall'Italia; si prendono i voti, che è elemento essenziale della faccenda; si torna in libera uscita a casa, in Salvador dove si concepisce (Salvador la dà lì); si rientra in convento, pregne di spiritoso santo; a tempo debito, si partorisce scambiando la gravidanza per una colica e qui davvero si arriva a raffinatezze che neanche Oliver Sacks; si mantiene sintomatico mistero, forse alimentato dall'incertezza, sul padre; si annuncia, e questo è il tocco finale del genio, il battesimo del bebè insaputo col nome dell'attuale pontefice: Bingo, le televisioni sono pronte e la fanciul(l)a ha già un'agenda da far impallidire Belen, la cui cavalcata d'avvicinamento al successo appare di colpo vecchia, superata, prevedibile. Dice adesso l'ex monaca – perché, giustamente, ha annunciato le dimissioni dalla vocazione un attimo prima d'essere stonacata dalle gerarchie: “Il figlio l'ho tenuto perché è un dono di Dio”. Si riferiva, probabilmente, alla rendita. Altro che violentata in convento, monaca di Monza, o ragazza ritardata. Questa la sa lunga come... Via, non fatemi diventare volgare. Scherza coi fanti ma lascia stare le sante, specie quelle miracolate.

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