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NAZI(ONALI) SENZA FILTRO


Il fanatismo dei lunatici in missione permanente c'è sempre stato e ha sempre cercato di nobilitare le fregole censorie ammantandole di ragioni democratiche, di sdegni precotti, ma da un po' di tempo internet ha reso intollerabile lo stare al mondo di chi si espone per mestiere. Se ironizzi sulla coglionata di un francescano in Porsche che gira per Roma con al polso un orologio da 45mila euro, sicché lo scippano, le sconclusionate invettive sorcine sgorgano come acque reflue. Se ti occupi di cose più serie, dalla corruzione al terrorismo, dalla criminalità finanziaria a quella da curva, i social network ti rendono immediatamente un bersaglio raggiungibile, identificabile. Le campagne infami che un tempo richiedevano volantini e ciclostile si coaugulano seduta stante in rete come un blob maligno. Il narcisetto da talk show Scanzi va a stuzzicare la Mussolini e i fascisti irriducibili gli scaricano addosso minacce di morte. Siamo matti o cosa! Critichi un politico qualsiasi e di ritorno piovono scariche rabbiose, prive di ogni decenza. Lo stesso Grillo sono 10 anni che dà della merda a tutti ma guai a toccarlo, ti scatena contro la canea inferocita. E in questi casi si può capire, certe attitudini sono genetiche, fanno parte del patrimonio per così dire culturale. Il problema è che non si salva nessuno, tutti considerano le critiche sacrosante, anzi doverose fin che toccano agli altri, altrimenti sono pronti a gesti inverecondi, reazioni demenziali. A Fermo, dove vivo, scoppia uno scandaletto sulla discarica che zitta zitta imbarca rifiuti da mezzo centro Italia - e qualcuno pure se ne gioverà; i giornali fanno il loro mestiere, informano e allora la sinistra al potere che ti fa? In pieno consiglio comunale spegne i microfoni, interrompe la diretta radio, chiude le porte. E sono quelli che si dicono democratici, postcomunisti sempre un po' comunisti, come il Casarini che, candidato ad una elezione europea, non si faceva problemi a minacciarmi esplicitamente, commettendo reato sotto gli occhi di tutti. Ma che fa? Ciascuno si ritiene indiscutibile come la famosa confettura sulla quale "non si può". Ma chiunque si sente un po' più De Rica degli altri e se gli impiccioni, i rosiconi non lo capiscono, parte il cafarnao.
Ormai non ci si può più incazzare con nessuno, fossero pure torturatori di malcapitate prostitute. Mesi fa m'ha apostrofato via email, con pretesa di pubblicazione, un latitante per omicidio, poi è partita la degna famigliola al completo. Una volta se uno voleva rompere i coglioni doveva scrivere una lettera, imbustarla, affrancarla, spedirla, roba lunga. E in più, disperava di una risposta, i giornali le minacce deliranti le cestinavano. Adesso non c'è più filtro, neppure sui forum dei giornali si cestina più niente per un curioso fraintendimento della democrazia e quelli che danno i numeri vivono il delirio di onnipotenza, scoprono che è inebriante e insistono. Poi si potrà dire che sono parole volanti, che basta non dargli peso, ma provate voi. Non parlo di qualche figlio di pseudonimo che, coraggiosamente, si rende utile aizzando la claque su facebook: figurarsi se posso filarmi un patetico ereditiero (i giudici, non so). No, dico di cose reali, attinenti alla fatica sempre meno sostenibile di poter vedere quello che c'è. Questa barbarie automatica, inevitabile, di attacchi, di insulti, di fandonie, ossessiva, martellante, notte e giorno, è fascismo autorigenerante col preciso intento di intimidire, di sfibrare, di non lasciare respiro. Poi ciascuno reagisce a modo suo, chi ignorando chi rispondendo a tono. Ma, al di là delle distanze, umane e professionali, per nessuno è un bel vivere, un bel lavorare.  

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