La
cosa che mi piace della dimensione artistica, del lavorare con gli
artisti, è la totale impunità rispetto al tempo: le cose si fanno
semplicemente facendole, e te le ritrovi pronte semplicemente perché
le hai fatte. Il prossimo 28 maggio sono con Andrea Franchi al Teatro
Refugio di Livorno per un progetto del tutto nuovo, "Sport in vena", un monologo sul
genere di quello per Enzo Tortora, dedicato questa volta a Carlo
Petrini, altra vittima tragica e indomita, e, più in generale, al
doping nello sport. Sarà una giornata speciale, dove prima incontro
Adriana, la vedova di Carlo, e poi subentra il nostro spettacolo:
Andrea ha predisposto le musiche, io ho scritto un copione, il tutto
in una cornice espressionista, al limite del visionario. Non so
letteramente come sia successo; so che lo scorso inverno c'è stata
una serie di telefonate fra noi e, in questo rimpallo di eventualità,
velocemente e impercettibilmente prendeva corpo questa possibilità.
Domenica poi Andrea è capitato a tiro, al teatro di San Ginesio, per
l'opening su Amauri Cambuzat: e qui, in camerino, prima del suo
concerto ho registrato sul suo computer il demo vocale del monologo,
sul quale lui sta calibrando le musiche. Franchi si preparava ad
esibirsi e intanto viveva con me questa germinazione del tutto
parallela: alla fine eravamo tanto coinvolti dalla narrazione, che ci
siamo abbracciati. Poi lui è salito sul palco, nel cono di luce. Amo
fortemente questo backstage delle idee, questo incastrare le cose
nelle cose, partorire idee tangenziali, procedere verso una meta
comune via percorsi arabescati, beffandoci dei ritmi, dei tempi
lavorativi. Non è tutto. Di ritorno da san Ginesio, Andrea, che è
un artista molto istintivo, molto empatico, era rimasto colpito dalla
storia di Carlo Petrini e gli è uscita in flash una canzone; me l'ha
mandata via email, annunciandomi di esserne molto soddisfatto e
incaricandomi di eventuali spunti sulle liriche, cosa che ho fatto
senza stravolgere l'impianto del testo perché il brano era ottimo di
per sé. Davvero un gioiello. Questa traccia poi finirà,
probabilmente, nel nuovo album che lui sta componendo attualmente, e
la cosa bella è che, fino a sabato scorso, non c'era. Non c'era
niente. Adesso c'è una canzone adulta, aspra poesia devastante alla
quale sono felice e onorato d'aver collaborato: per me è anche
rispettare un tacito impegno con un amico che andava via. Se mi
chiedete come tutto questo stia succedendo, non ve lo so dire. Ma se
verrete il 29 al Teatro Refugio, a Livorno, forse lo capirete anche
per me.
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