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IO NON SONO CHARLIE


Più m'illudo di capire il mio paese, più mi accorgo di non capirlo. Non capisco, per esempio, come, dopo quello che è successo a Parigi, qui non ci si angosci d'altro che dell'eventuale ascesa della Lega (e mi stupisco che ancora nessuno abbia tirato in ballo il solito Berlusconi). Non capisco come si possa dire, come la Kyenge, che non c'è alcun problema con l'Islam e il vero stragista è Salvini. In queste ore non ho sentito una sola parola che non fosse avvolta dai veli della riserva, dell'ideologia, dell'allusione, della vanità, della meschinità, a volte al limite della demenza. Non mi pare un modo decente di celebrare una quindicina di disgraziati che credevano di essere ostaggi di una convinzione e lo erano invece di un paio di balordi esaltati. Assisto a una continua, martellante rimozione forzata, al dirottamento di ogni senso comune, ad una implacabile dissonanza cognitiva. Una come la Boldrini, dall'alto della sua scorta, spreca fiato di banalità per dire che non bisogna mettere tutto l'Islam in un fascio. Ma io, in questa Italia pur deprimente e detestabile, non assisto a stragi sui musulmani, che del resto qui restano e vogliono restare, mentre in tutto il mondo, dall'America all'Australia alla Danimarca alla Francia, io assisto al contrario. Ultimo episodio, in corso mentre scrivo, l'attentato su alcuni ebrei, sempre a Parigi: non dovremmo tenerne conto? La propaganda politica, spesso odiosa, è un conto, la sostanza dei fatti è un altro: la gente che tira avanti, che campa a stento, ha altro da pensare che a discriminarsi e tende, se mai, a convivere, naturalmente con gli scazzi del caso; e non penso di trovare smentite su questo, fatto salvo che se un musulmano rivendica diritto di culto qui, nel contempo pretendendo di rimuovere i culti originari, questo non può essere accettato. Mentre è proprio quello che sempre più si accetta: via il presepe, via ogni segno di devozione indigena, potrebbero offendersi. Le donne? Sì, vanno difese, se non ora quando, però nel caso dell'intolleranza di islamici sulle mogli-schiave si chiude doverosamente un occhio, meglio ancora tutti e due. Non sono ambiguità insopportabili queste, e intollerabili, almeno alla luce di una esigenza democratica? 
Allo stesso tempo, è impossibile non cogliere che molti islamici maledicono i Paesi che bene o male li ospitano, però rivendicano la permanenza, in fuga da quei meravigliosi regimi che li hanno costretti all'esodo e che tuttavia non osano criticare. Non c'è qualcosa di assurdo, qualcosa che non torna? È quanto dice, in modo come al solito eccessivo, Giuliano Ferrara: una guerra c'è, ma a muoverla è l'Islam cosiddetto radicale, che cioè applica alla lettera i concetti coranici di distruzione di ogni infedele, nella morbida disapprovazione di quello cosiddetto moderato, che, per ipocrisia o per terrore, ha l'aria di dire: andate avanti voi... Però, che diano più fastidio le sparate a salve di Ferrara delle raffiche di chi vuole falciarci, lo trovo leggermente surreale. 
Personalmente non intendo privarmi dell'opportunità di incontrare gente di ogni diversità: io, che non voto in nessuna urna e nessun tempio, voglio difendere questa libertà costata carissima, dal sapor di solitudine; ma chi mi incontra, nutre la stessa disponibilità? Faccio un solo esempio: a me non interessa particolarmente Houllebecq, non è un autore che seguo; però trovo inaccettabile che debba rinunciare a far conoscere il suo libro e gli venga imposto, com'è appena accaduto, di lasciare la sua Parigi. C'è una tradizione di libertà espressiva, magari usata anche in modo sbracato e volgare, che viene continuamente e sempre più strangolata da un integralismo fanatico e, tra l'altro, ospite: serve, insistere sul confronto con chi non accetta di confrontarsi, ma solo di annientare? io trovo smentite (e conferme) ogni giorno. Per questo non intendo - non posso permettermelo - non tener conto della realtà e dei suoi continui segnali. Altro che temere “solo” l'eventuale ascesa di Salvini. 
Qualche provocatore di limitate risorse mi ha stuzzicato sul blog chiedendomi da che parte sto, come la penso, dato che butto giù dalla torre sia Fini (Massimo) che Oriana Fallaci. Avrei potuto rispondergli che i miei pensieri vanno probabilmente oltre la sua comprensione, ma il fatto è che cerco qualcosa di più di un frustrato che “sta con l'Isis” perché deve accontentarsi del Fatto Quotidiano, e di una megalomane, anche nell'ovvietà, che si considerava “lei” in guerra con tutto l'Islam. Io voglio più di qualche idolo da venerare, e, se non lo trovo, non mi consolo giocando coi palloncini (gonfiati). Non mi considero in guerra con nessuno, nutro sfiducia globale e inguaribile verso il genere umano, sono egualitario nello scetticismo ma elitario nella qualità dei singoli. A prescindere dalle loro utopie, che comunque mi lasciano sempre sospettare una mancanza di rigore logico. Ho preconcetti, ma non preclusioni. So di essere in pericolo anche io, come occidentale che non vuole ammazzare nessuno ma dovrebbe, secondo la Parola di uno che nessuno ha mai visto, venire spazzato via. Gradirei che l'Europa, e in essa l'Italia, smettesse di sottovalutare le tonnellate di segnali, di scusarsi per essere occidentale, di ospitare immigrati in fuga da loro stessi. Vorrei sentirmi meno precario, meno insicuro e vivere in un continente che non discrimina ma fa osservare le proprie regole (democratiche, pluraliste) senza sconti, senza birignao, con la durezza che occorre. Vorrei fosse chiaro che anche io mi sono considerato spesso discriminato, sfruttato e perfino truffato dal “mio” Occidente, però non vado a farmi esplodere nel primo paese islamico che capita, portando via con me i primi disgraziati che trovo; neppure lo faccio in patria, del resto. Vorrei che il senso della realtà venisse ristabilito: una guerra c'è, ma finora è unilaterale, decisa da una sola parte, e fingere di non vedere le continue stragi, fingere di non sentire quelli che commentano, beh in fondo se lo meritavano, non ha alcun senso se non quello di un suicidio globale. 
Quello che però, al di là di tutto, mi brucia, è la solidarietà piena di peli. Non basta, non mi basta spezzare una matita e dirmi anche io Charlie. Perché non sono Charlie, io sono vivo, i miei cari sono vivi e illesi. Possiamo dimenticare, sorridere, concentrarci sui nostri drammi quotidiani, piccoli, grandi o di cartone che siano. Ma non smetto di immaginare il modo di morire di tutti quei poveretti che credevano di meritarsi la loro libertà semplicemente restando liberi e irriverenti. E non mi piace lo spettacolo di chi, adesso, li usa per le proprie trascurabili mire o fobie, che poi si risolvono in un deprimente quanto irrilevante tatticismo esistenziale.

Commenti

  1. Io sono charlie, io sono ahmed, non in mio nome. (ma tutto nel rispetto del multiculturalismo, eh) Nel giro di poche ore sono diventati insopportabili slogan di vanità personale, praticamente un selfie con i morti ammazzati.
    e noi così ci dovremmo difendere dagli esaltati?
    vit

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    1. il multiculturalismo è la morte di ogni convivenza

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    2. funziona solo negli spot di benetton
      vit

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  2. Siccome tra venti anni in Italia gli islamici saranno più degli italiani, anche se Salvini andasse a fare il premier al posto del bulletto toscano, l' unica speranza è che i loro figli si comprino la maglia dell' Inter o della Juve, le figlie vadano al Grande Fratello e, in somma, vengano assimilati. Solo che chi ha bambini alle elementari con piccoli musulmani, mi assicura che non ne vogliono proprio sapere ( i genitori, ovviamente ), si fanno i cazzi loro, non partecipano a nulla ( neanche a comprare la carta igienica per la scuola, visto che devono provvedere i genitori. Questo è un altro bel tema. Ma come siamo ridotti ? ). Gli africani si, gli slavi si, i rumeni si. M agli arabi, assolutamente no. E allora è più facile che la mia nipotina dovrà indossare il Burka, e questo, checchè ne possa pensare Fini, è una prospettiva che non mi piace per nulla.
    Francesco

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Ma il burqa davanti all'iphone cede. E anche alla svelta

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    3. Scusi sig. Francesco, Lei è sicuro che per la Sua nipotina sia preferibile il Grande Fratello al Burqua ?

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    4. Io, tutto considerato, sì. Sono anche sicuro che questo anonimo è un totale imbecille.

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    5. Sicurissimo. Poi non è detto, dai, magari anziché andare al Grande Fratello si iscriverà a Medicina o a Fisica. Potrà scegliere. Grandiosa la manifestazione di ieri; non mi piace la retorica, ma l' ho trovata una risposta portentosa dell' Occidente e dei suoi valori di libertà
      Francesco

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  3. Una signora che ha un negozio di parrucchiera mi ha raccontato di alcune clienti islamiche arabe che le han detto che loro (almeno le donne) vorrebbero integrarsi di più ma che avendo genitori e parenti nel paese d'origine ,questi possono subire minacce e ricatti se i famigliari emigrati non tornano ogni tanto a casa a mostrare di non essersi occidentalizzati, insomma verrebbero tenuti sotto controllo,pena minacce sui propri cari. Come la mafia.

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  4. non capisco,perche questa mollezza,se si può chiamarla così,da parte dell'opinione pubblica e della politica. perche non voler guardare in faccia la realtà,fatta di odio o perlomeno diffidenza se non disprezzo nei nostri confronti, e non mi si venga a dire che di realtà ce ne sono tante.
    tu ce la fai a capirlo?

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    1. Tanto per cominciare, se non si è molli ci si gioca il posto. Specialmente, ma non solo, nel mio ambiente

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  5. quindi il posto dipenderebbe anche da una mollezza di giudizio? e perche chi ti dà il posto vuole che tu esprima giudizi sempre soft,anche in casi come questi ? c'è la permalosità di qualcuno che non va stuzzicata?
    scusa,cerco solo di capire qualcosina in più.

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    1. Il sistema dell'informazione italiana si regge sui tabù: 80% di sinistra, 20% di destra

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