Passa ai contenuti principali

LA BREAKDANCE DEL TERRORISTA


Il documento più agghiacciante nella notte infinita del venerdì nero, come hanno chiamato il giorno dei tre attentati islamici, non è quello delle teste mozzate o dei turisti rimasti nel loro sangue sulla sabbia. È quello dello stragista di Sousse che balla la breakdance. Da cui la banalità, peggio, l'infantilismo del male, la sua stupidità. Siamo abituati a considerare questi estremisti come gente fanatica sì, estrema sì, spietata sì, ma lucida, per dire accesa da qualcosa che noi non conosciamo più e per la cui mancanza ci vergognamo come ci si vergogna della perdita dell'anima, di un relativismo andato troppo oltre. Non c'è dubbio che a forza di despiritualizzarci, di rinnegare la parte metafisica siamo finiti nelle cronache di Dagospia, tutta una esaltazione di orgette e depravazioni a buon mercato ed  è vero che il mondo occidentale pare anestetizzato, non più capace di preoccuparsi delle stragi che lo bersagliano, una fiaccolata di circostanza e subito dopo un selfie, anzi il selfie prima e durante la fiaccolata, l'esibizionismo a oltranza si tratti di orgette, di urgenze secondarie o di eccidi a macchia di leopardo. Ma detto dell'impoverimento, dell'appiattimento occidentale sul piacere disperato, resta l'altra faccia della medaglia. L'Islam fanatico, che tra gli intellettuali d'occidente va di moda ammirare sia da destra che da sinistra, la prima in reazione allo scadimento metafisico, la seconda in chiave tardorivoluzionaria, questo Islam fiammeggiante non deve essere messo tanto meglio se teme il contagio occidentale in modo tanto isterico. Giorni fa al centro commerciale una visione surreale: una giovane sposa musulmana, il volto negato dal velo nero ma un corpo da modella, i jeans attillati sul sedere magnifico, la maglia sottile a velare un seno conturbante. E davanti l'uomo, il padre padrone che guardava con occhio fiammeggiante chi sbirciava tanta grazia di Allah ma non aveva più coraggio o forza di opporsi alla transizione in atto sul corpo della sposa.
C'è qualcosa di grottesco nella danza occidentale del terrorista da spiaggia, un ventitreenne che passa dai feticci dell'occidente corrotto al suo odio in poche settimane di addestramento. Come un ponte tra un fanatismo e quello opposto. Possiamo immaginarli, quelli come lui, come ossessi motivati da idealità forti, dal fuoco che noi abbiamo perduto, oppure vederli, capirli per quelli che sono, figli di una ignoranza diversa, non cinica relativista ma fanatica delirante. Permeabili al delirio, all'indottrinamento ma la fanatizzazione attecchisce dove non c'è altro, dove non si sospetta altro, nessuno scetticismo, nessun distacco che sale dalla cultura, dalla vita, dall'esperienza del peccato, delle sue ricadute. Su questo il cristianesimo cattolico, che ha impostato la sua cattedrale spirituale sul perdono a oltranza, la sapeva più lunga e difatti ha potuto resistere evolvendosi, adattandosi ai tempi. Non stiamo proponendo il vizio, si capisce, il mercimonio delle passioni come terapia contro l'assolutismo criminale; stiamo dicendo che il fanatismo è terrore, avvertito e quindi inflitto, che questo Allah, nelle menti di chi lo esalta, non deve essere così saldo, così inattaccabile se c'è bisogno di continue stragi per difenderlo. “Morte ai fornicatori” urlava il terrorista ballerino mentre scaricava le sue raffiche, ma lui stesso era un ponte tra l'occidente che aveva sognato e il risucchio nell'oscurità del bigottismo estremo. Non è diversa l'infatuazione di ritorno per chi nell'occidente ci è nato e un giorno, per motivi sentimentali, abiura, cambia miraggio e poi va in televisione a spiegare la nuova fede con argomenti infantili, sentimentali come la Fatima che bivaccava ai programmi del pomeriggio, il velo in testa. “L'Islam è pace”, salmodiava: le hanno arrestato tutti i parenti, erano una jihad familiare e lei su Skype diceva: vedessi i mujaheddin quanto sono sexy, sono bellissimi". 
Giovani, ignoranti, suggestionabili, infiltrabili dal delirio totalizzante al punto da vedere nel grande Satana occidentale gente di nessuna rilevanza, turisti da formula fissa, fidanzati in fuga dalla metropoli, famiglie che festeggiano un anniversario, un compleanno. Le vittime hanno facce qualunque, non sono i demoni che stanno dentro il terrorista ballerino e quelli come lui. Ma bastano a ricordare a quelli come lui cosa ieri amavano diventare, cosa oggi temono di diventare.

Commenti