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MARINA GIACCIO - IL TEMPO GIUSTO


Marina, Marina, Marina, ti voglio al più presto ascoltar. Marina Giaccio torna dopo due anni, dopo il bel segnale di Nata Domani, torna al crocevia tra Marina Rei e Irene Grandi, Cristina Donà e Noemi: non è loro debitrice, è solo per tracciare il perimetro di un contesto, di una comune matrice musicale – e di musicisti impiegati. Il Tempo Giusto, ancora autoprodotto, ancora con Gianfilippo Boni alla regia degli arrangiamenti e della produzione artistica insieme alla stessa Giaccio, lascia da parte i respiri jazzati degli esordi, vive di aperture pop che vorrebbero osare il rock ma per il momento si fermano al cantautorato elegante, alla conquista di belle melodie condite da arrangiamenti stratificati, più che nel disco precedente, e con un azzeccato impiego di chitarre che non marcano ma ricamano e si intrecciano alle tastiere. Si tratta di un bel disco, una raccolta di buone canzoni alla perenne ricerca di sé. Con versi che citano l'“Enorme senso del vissuto del provato e del presente”. Con acquerelli emozionali intinti nei colori dell'amore, questa dimensione mai facile, mai data per scontata. Almeno per Marina, che sembra quasi rivendicarlo, l'amore, come pretesto per raccontarsi, per capirsi. Così, questo disco è autobiografia di un passaggio, ma, ci pare, sulla strada giusta, più decisa, più concreta di prima. Nel mare di plastica che esce quotidianamente, questo è un album da conoscere perché è ben suonato, bene concepito e squaderna atmosfere intriganti, come nelle pieghe malinconiche di Come Te Lo Dico. Ma tutto il lavoro scorre bene, senza cadute, tra il folk di Quando Curva il Mare, che non ha niente da invidiare a tante eroine d'importazione, le dilatazioni di Nello Spazio Di Un Bacio o il ridestarsi in freschezza di Sveglia o le aperture soul di Vera con la sua sinuosità melodica. In tante buone qualità, passa quasi per scontata, ma scontato non è, la impostazione vocale di Marina, che sa cantare, cioè riesce a emozionare senza strafare, in modo del tutto naturale: evidentemente, al di là della tecnica c'è una convinzione di fondo in quello che si propone, il che puntualmente esce dalle vibrazioni dei brani. Si avverte una lealtà di fondo, che a me personalmente faceva pensare, per contrappunto, alla spocchietta sanremese di una privilegiata che non fiorisce mai come la Dolcenera, quando la presunzione comincia già dal nome. Qui i mezzi a disposizione sono incomparabilmente più razionati eppure il risultato non manca, perché supplisce l'inventiva, la sensibilità, anche una certa chiarezza nell'assemblare il prodotto. Non dimentichiamo che questo è “solo” il secondo album di una carriera che ha tutti i presupposti per imporsi. Non resta che sentirla dal vivo, dove Marina promette più grinta che su disco. Un lavoro che cambia impostazione rispetto all'esordio, e che ancora più di quello chiede, pretende, con decisa umiltà, la giusta considerazione.

La prima uscita ufficiale è il 19 marzo al circolo Rigacci di Firenze. Caldamente consigliata

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