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METTETE DEI FIORI NEI VOSTRI GESSETTI


Dalle cronache seguenti alle stragi di Bruxelles si ricavano conferme, che però fanno distruzione anche di tutti i luoghi comuni del buonpensiero di sinistra. Il primo, la inveterata convinzione che la repressione poliziesca serva a niente; adesso si scopre, anzi si ha conferma che fu un errore lasciare o mandare liberi dopo pochi anni gli elementi partiti dalla criminalità più o meno comune, “persone già note alle forze dell'ordine”, ladri, rapinatori e violenti chissà come giudicati inoffensivi e con tutto l'agio di riciclarsi in stragisti una volta radicalizzati, come si dice. La repressione serve, serve a reprimere focolai di criminalità, farne senza, affidarsi ai girotondi e alle cantilene significa consegnare una città, un paese o un continente a un destino politicamente corretto ma mortale. La polizia, siamo al secondo luogo comune, non deve invadere, le etnie immigrate vanno rispettate, va lasciato loro il modo e il tempo di inserirsi, se lo vogliono, altrimenti di odiare e cospirare in santa pace, meglio una strage che la cultura del sospetto, che è irriguardosa; i risultati non c'è neppure bisogno di commentarli, basti osservare che nei quartieri della jihad la polizia belga fino all'ultimo non ha mai saputo e soprattutto voluto sapere cosa covasse, cosa si nascondesse, e se per sbaglio coglieva qualcosa, si affrettava a dimenticarselo. Il terzo cliché è quello che mediocremente va ripetendo in questi giorni il nostro presidente del Consiglio ex boy scout: più cultura, più integrazione, più tolleranza, più accoglienza civile, morale. Tutti valori che, per funzionare davvero, vanno spartiti, vanno condivisi, altrimenti è un suicidio. E infatti queste stragi possono essere lette come suicidi di massa, il multiculturalismo non ha funzionato, il modello “vivi e lascia vivere”, che in realtà si è confermato come “vivi e lascia che ti ammazzino”, va ripensato, su questo sono ormai tutti d'accordo tranne i rettopensanti più fanatici o ipocriti. E lo sono non per improvvisi rigurgiti di coscienza, ma per la semplice ragione che continuando così l'Europa danarosa dei burocrati si divora da se stessa. Anche la faccenda della povertà di base, delle banlieuses o periferie che dir si voglia, e siamo al quarto slogan, non regge, questi attentatori essendo balordi figli di un benessere locale che ha consentito loro di evolvere in criminali fanatici. Gli ultimi tre tutto erano tranne che poveri figli della povertà, come piace pensare al papa Francesco e alle Boldrine: ben pasciuti, bene istruiti, con ampia facoltà di mezzi e quindi di scelta, che loro hanno potuto orientare come l'Europa ha appena sperimentato. Gente che di cultura, rispetto, accoglienza ne ha avuta quanta ne voleva, ma sono serviti solo a fomentare il loro odio potremmo dire sereno, indisturbato, con cui falcidiare chi aveva messo loro a disposizione tutte le possibilità per una felice integrazione. Il che, di passata, spazza via anche le falsi ragioni di poveri cretini come Massimo Fini, secondo il quale ci meritiamo la guerra perché ci siamo inseriti nelle loro faide; come se il mondo intero non ricevesse contraccolpi da quei conflitti tribali millenari, come se non fossero proprio loro a invocare regolarmente l'intervento di un Occidente che se non si intromette è cinico ma se interviene è barbaro. Non si diceva, non si ripeteva che “siamo stati noi a creare le loro divisioni”? Adesso salta fuori il picchiatello sconfitto, il vizioso spennacchiato, l'arditista fottuto da se stesso a dire l'esatto opposto, a sostenere che dovevamo lasciarli scannare nel segno della pace. Questo succede quando troppi imbecilli parlano a vanvera (il buffone Crozza che equipara terroristi e droni, i teologi da rivista alla Mancuso, i pacifisti dementi che frusciano le loro code di paglia...), quando non si sa a cosa aggrapparsi e quando non si conosce o si rimuove la storia: un conto sono le complicità e gli errori dell'Occidente, un altro negare responsabilità primarie e dirette di una parte di mondo che semplicemente in pace non ci sa stare, perché è convinta che alla guerra totale e perenne la chiami il proprio credo. Sia come sia, il modello rettopensante “no repressione sì multicultura”, che poi sarebbe arrendersi all'altrui cultura senza condizioni, ha portato i frutti che sappiamo; e incoraggia l'ottundimento, un'agghiacciante fuga nell'infantilismo lo scarabocchiare coi gessetti colorati ancora le stesse idiozie decrepite, “no alla guerra”, “no alla militarizzazione del territorio”, per dirottare la logica e la verità di una guerra che effettivamente c'è, ma finora è stata asimmetrica ovvero una parte infierisce e l'altra offre in risposta gessetti, mazzi di fiori, disegnini coi cuori e canzonette pop.

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