Vecchi dischi, canzoni
che mi abitano, che amabilmente mi perseguitano: le ascoltavo
ragazzino, non smetto ancora adesso. Le ascoltavo in città, poi in
vacanza e non era la stessa cosa, le sensazioni cambiavano, quei
suoni perdevano le vibrazioni nervose del traffico e i suoi rumori
per indossare quelle pigre della spiaggia, seducenti del mare,
angosciose della campagna assolata, che mi ed io pensavo, Dio, non
potrei mai vivere qui. Sono finito a vivere qui, ci sto da più di
trent'anni e non mi lamento, non più, il mio posto è dappertutto e
in nessun posto, la mia inquietudine la ho vissuta ovunque, è la
camicia di forza dell'anima, è fatta anche di quelle canzoni, la
loro forza è incredibile, è un imprinting. Il vecchio molo che oggi
non c'è più, lo scorcio dal lungomare che dà l'impressione del
mare aperto, la strada che si disperde in sentieri, campi coltivati e
colline punteggiate da ville meravigliose ma fredde per me, così
disperse nella natura, io che ero felice su un balcone, sdraiato a
guardare la vita, un fumetto dimenticato a fianco e la radio che
mandava le canzoni. Ogni luogo una voce, una melodia, una presenza
andata, una assenza presente, mondi in tre minuti che non posso
dimenticare, se li dimentico muoio, quei mondi perduti sono io,
quelle compilation di sogni su cassette, che mi portavano via
pomeriggi, spariranno con me, sopravvivono in me e non mi pare
possibile che siano le stesse campagne, lo stesso mare e non mi pare
possibile che la maggior parte della vita sia già andata e mi fa più
paura saperlo di notte, quando un gatto mi sveglia ed io resto lì a
fare il conto impossibile di quanto mi resta. Allora non riesco più
a dormire, e prego solo che l'alba arrivi in fretta.
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