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FEGATO, FEGATO SPAPPOLATO


Feltri. Solito pezzo su Libero, aggressivo, dalla prosa scontata, insomma: rozzo. Non mi piace, però ha ragione. Sulle badanti che ottengono il ricongiungimento della madre, la quale a 65 anni comincia a prendere, chissà perché, 600 euro dallo Stato italiano, dice il vero. Sui milioni spesi per la curiosa politica di integrazione dei rom, popolo che difende il proprio rifiuto culturale ad integrarsi (“Dovete lasciarmi rubare”, ne ho sentiti ripetere), dice il vero. Sui ragazzotti che non lavorano perché odiano lavorare, che in estate vogliono essere pagati per andare al mare, dice il vero e potrei fare il nome di più d'una attività che annaspa perché non trova chi impiegare. Idem sulle ondate di migranti, che non sono politici e neanche economici, cioè non se la passano male in patria (altrimenti non avrebbero soldi per partire, equivalenti al valore di una casa), e comunque non se la passano peggio qui, atteso che riescono a vivere di sussidi, elemosine e “diritti”. Hanno spiegato loro che, una volta sbarcati, possono campare grossomodo come diceva Marx, e in una certa misura diventa vero, il diritto fondamentale è quello al mantenimento, naturalmente via via corredato dai diritti accessori: casa, previdenza, utenze, sussidio, tutto ma lavorare, curiosamente, no, non è necessario, non è contemplato (parentesi: in America stanno realizzando ciò che la Boldrini continua a sognare: la rimozione dei simboli, delle statue. Basta non si chiamino Marx, Lenin o anche Stalin: quelle vanno conservate sotto spirito, sono testimonianze di santità purtroppo non riuscita, perché non capita). Infine, Feltri ha purtroppo ragione quando facilmente conclude che gli unici ad avere il diritto di pagare sono gli indigeni: tasse che se ne vanno per mille rivoli, ma non tornano mai indietro per nessun diritto; oggi ci sono troppi altri diritti che premono, da soddisfare, esotici, etnici, solidali. Io di gente indigena che si ammazza perché è dimenticata, disprezzata dai fabbricatori di diritti, e anche dagli elargitori a parole, dai solidali con attico vista mare, Colosseo o Battistero, ne conosco parecchia. Anche l'analista ex manager Riccardo Ruggeri ha ragione quando semplicemente osserva: non capisco perché bisogna considerare il terrorismo islamico inevitabile, come i terremoti, e addirittura evitare di nominarlo e persino di pensarlo, visto che c'è ed è islamico. Poi traccia una serie di motivazioni, condivisibili, discutibili, che avrebbero cementato la nostra inerzia al grido “più ponti”. Intanto i nostri cari sindaci con la scorta scherzano fra loro al grido “Allah Akbar” e la soave sindaca di Barcellona ha sulla pellaccia 20 morti perché si è rifiutata di costruire “più muri”, cioè le barriere antiveicoli stragisti. Sublime caso di rimozione forzata della coscienza. Aggiungo che mai, nella storia delle migrazioni, si era vista una tipologia, se preferite una classe, di nuovi arrivati così aggressivi, spesso arroganti, naturalmente confortati dall'atteggiamento del governo italiano e del sovragoverno europeo, che, uniti a color che benpensano, ne assecondano e perfino incoraggiano ogni tracotanza promuovendola a legittima protesta contro l'occidente capitalista, insomma la riscossa di Marx per via esotica (finiamola, tra l'altro, con la fola dell'Islam moderato che “piange insieme a noi”: ogni volta dopo ogni attentato scendono a protestare in poche decine, e protestano solo contro chi li ospita, mai contro chi ci macella: far finta di non vederlo, di non capirlo, è il prezzo che si paga alla dignità del cervello). Scrivere questo non fa di me un Salvini, o un Feltri, non un qualunquista o un reazionario, ma semplicemente un individuo leale, uno che coglie come tutto si vada spappolando e non pratica l'omertà del politicorretto.  

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